Stellar Blade Un'esclusiva PS5 che sta facendo discutere per l'eccessiva bellezza della protagonista. Vieni a parlarne su Award & Oscar!
 
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Aingeal ''Aine'', Eilinoir, Branwen, Tinuviel, WRIGHT

Ultimo Aggiornamento: 29/05/2011 12:36
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29/05/2011 12:36


.}}. PREAMBOLO ~ IL CORVO & L’ANTICA STIRPE .{{.

]].| ● Capitolo I ~ Inguz: Fertilità |.[[



§*§ Inguz è anche vista come una Runa di Progenie, che rappresenta i geni ereditati ed il bisogno di concludere e completare un Ciclo ed a cominciarne un altro, offre anche la Forza richiesta per compiere tal passo. §*§


Parla il Corvo: [[ Invero, mai avrei vagheggiato che potesse accadere, ancora una volta. Diventare Madre? Con tutti i compiti ed i progetti ch’avevo in seno al mio Grado? Tutt’al più in un loco talmente fetido d’apparir più come un letamaio ch’una effettiva cittadina? Se me l’aveste predetto due o tre cicli lunari prima, foste stati anche figli o prediletti d’arcaici Dei o Dee, vi avrei riso in faccia schernendovi. Ma quelle sere, la Luna ed il Fuoco m’erano bestialmente entrati nelle vene, in pieno circolo col purpureo nettare sanguigno, danzando e volteggiando sempre di più, in un ritmo frenetico, sensuale ed inquietante, come un Corvo mai sazio di solcar il notturno ventre del cielo; cercavano uno sbocco, uno spiraglio, una fenditura di quel perfetto corpo scolpito nel ghiaccio nordico, all’apparenza freddo e tacito come un vulcano abilmente camuffato in mite ed innevata montagna, pronta a frantumarsi per rivelar ciò che nel suo ardente grembo si celava: indomita, frenetica, incandescente… Antica. Quella Notte avrei dovuto incontrare una donna nomata Sheila De Moreder, se sol avessi saputo ch’era una caotica avrei preteso che un altro ancestrale di grado inferiore andasse a colloquiar con ea, avevo ben altre cose su cui meditare che non l’ennesima donnina di quel Caos. Mi preparai ad uscire, tentando d’ignorare quell’incendio che m’infiammava ancor di più il corpo, sembrava che perfino l’abluzione serale l’avesse amplificata oltre il limite umanamente tollerabile, ma esternamente il mio contegno era impeccabile, come sempre del resto. La veste color crema e blu oltremare, la pettinatura elegante e perfetta, il raffinato mantello dai riflessi dei rari zaffiri… Ero pronta. La notte ch’imperversava era gelida, tant’è che quel manto di velluto a fatica proteggeva le mie membra ardenti, ma ciò era anche un punto a mio favore, almeno nella lotta per chetar quei selvaggi istinti, non certo degni d’un membro della leggendaria stirpe arcana. Assurdo ch’avessero raggiunto livelli così elevati, in oltre cinque lustri ero riuscita a dominar quell’eterno fuoco ch’ardeva in me: come madre d’una figlia che non vedevo d’oltre un decennio, come nordica, come donna completa, come fiera dominatrice delle Fiamme Ancestrali. Ancor più assurdo era che perfino il tatuaggio ed anche l’antica cicatrice - posti l’uno sul seno e l’altra sulla schiena - ardevano, come inebrianti distillati al tocco della lingua di fuoco; l’uno il simbolo del mio nobile casato, di ciò che le mie spalle ed il mio animo custodivano meticolosamente, l’altro il segno della mia rinascita, la fuga dalla prigionia tenendo stretta al seno una figlia sbocciata troppo presto, almeno per me… Bruciava anche il rammarico d’averla lasciata in mani che non erano mie, in quel momento, solo in quel momento iniziai a covar coscienziosamente il desio d’averla lì, e non nel Tempio delle Sacre Serpi, fra mani sapienti e rugose di Albeth; volevo mia figlia, la mia piccola Luna. Oh basta, troppi pensieri! Urlai a me stessa, schiudendo la soglia della Bettola e facendomi avvolgere da quel sudicio aeree, che pareva profetizzare presuntuosamente una serata tutt’altro che gradevole; vidi quella donna e la riconobbi in quanto caotica – aveva l’effige puntata sulla veste, ma la si poteva riconoscere dallo sconveniente abito, degno d’una sgualdrina, non di meno –, mi chiese notizie su Mantide ed anche sulle alchemiche pozioni che foggiamo, chissà perché l’avevo già vagheggiato – ambedue le cose - prima d’uscir dalla Fortezza. Chissà. La cortina di fumo era assai spessa, gli effluvi acri e pungenti, seppur in quel loco sostassimo solo in quattro: io, la caotica, un cittadino ch’è salito ai piani alti e… Quello Sconosciuto. L’incontro ha avuto celermente termine, come intimamente m’auspicavo, mi avevo nauseato da sola, con la mia fittizia cordialità e quel contegno docile e modesto che non m’appartenevano. Non ero io, ma non avrei mai permesso ad indegni di svelar anche solo una facciata del mio spirito ed indomita indole. La luna era smembrata, dilaniata a metà, in un perfetto equilibrio fra la luce ed il buio, così come quello mio, ‘stentato’ fra il nordico ghiaccio e l’incandescente magma. Rimanemmo da soli, io e lo Sconosciuto. Aaron Cornero, così disse di chiamarsi. La menzogna non poteva infrangersi, se ne sarebbe accorto ed io non potevo permettermi di rivelarmi per quel ch’ero, non che n’avessi il desio. Un uomo dall’atteggiamento solenne e decoroso, di certo una persona istruita, ben lungi dagli appestanti che si dislocano per la cittadina. Alexandra Crysanies, così mi son presentata, sebbene quello sia il nome del ducato al quale appartenevo e non dell’Antica Stirpe che la dominava: i Wright. Vino ed Assenzio, mormorii che sinuosi si disperdevano nell’eterea coltre di quel loco: ben vestito, portamento da nordico guerriero, seppur l’atteggiamento fosse quello d’un signorotto. Non mi dispiaceva. Fu in quel momento che nella mia mente vennero rievocati vetusti pensieri, sorti lune addietro, durante la precedente festività, quella del raccolto… Pensieri concernenti la mia origine, la mia stirpe, il mio casato al quale appartengo – più con lo spirito che non col corpo -, il mio grembo. Volevo che, prima di raggiunger la fase decrescente della mia esistenza, qualcuno al quale poter donare il mio sapere, il mio potere e la mia forza. Volevo una figlia, od un figlio, educandolo nell’Arcana arte che padroneggiavo e tuttora domino con onore. Un erede. Si a quel momento avevo scartato tal desio, per la semplice motivazione che non v’era nessuno di lontanamente degno, sol sudici, rozzi, esseri privi di onore e qualsiasi altra caratteristica potessi esigere da un maschio, che poi – ovviamente – non avrebbe dovuto aver parola alcuna in merito all’educazione ed alla crescita dei frutti dei MIO grembo. Ero gelosa di quanto il mio corpo potesse custodire e partorire, sol io potevo padroneggiar su d’esso, nessun’altro era sol lontanamente degno. Quell’uomo, tuttavia, incarnava buona parte dei requisiti che bramavo in un membro del genere maschile: un aspetto sufficientemente elegante, buon portamento ed atteggiamento, sembrava anche privo di deformità od altri difetti, sia fisici che non, inoltre – non meno importante – non emanava alcun miasma, come gran parte dei risiedenti di Barrington. In un millesimo di secondo avevo deciso, sarebbe stato Lui il padre di mio figlio o figlia che fosse. L’ebbrezza di quella miscela di liquidi inebrianti avevano una parte da protagonista in quella lussuriosa commedia, dai piccanti risvolti: contro la lignea porta, reggendo fra le mani calici di vino ed assenzio, fra lenzuola madide di sudore e lascivi segreti, fra grugniti e sospiri, fra lotte di dominio e fruscii delle coperte e strepiti del letto. Due incontri. Due tentativi. Due aspettative. ]]



]].| ● Capitolo II ~ Gebo: Dono |.[[



§*§ Gebo significa tradizionalmente “dono”. Le forze uguali e opposte che vediamo in Gebo, unite rappresentano la riconciliazione ed integrazione. Il significato è: dare, ricevere e mantenere l’Equilibrio. Di solito l’uscita Di Gebo è un messaggio di riuscita. A livello spirituale Gebo rappresenta l’unione mistica del sé con la coscienza più alta. Attraverso la completa sottomissione dell’Ego si raggiunge il dono più grande: l’Unità del Sé. §*§


Parla il Corvo: [[ Ed eccolo, il giorno, o meglio, la notte in cui scoprì d’essere in stato interessante. Ero al laboratorio alchemico, intenta a foggiar due nuove pozioni con l’assistenza di Suulime, l’elfica ancestrale, ed anche di Mantide, che c’ha raggiunto poco dopo. L’aroma dolciastro degli ingredienti spesso mi aveva creato qualchedun disturbo ma, quella notte, erano insoffribili, era talmente spesso e forte da far risalire la bile in bocca, sentivo già di star per rigurgitare il magro pasto ch’ero riuscita ad trangugiare quella sera, ovvero semplice arrosto di cervo preparato dai servi. La Luna era Piena. La Luna sembrava quasi tinta di Rosso, rappresentante in tutto e per tutto Cerridwen, che secondo antiche leggende rappresenta la madre, la maga, la guerriera. Lasciai che fosse la Silvana a svolgere le fasi di miscelazione e quant’altro fosse necessario per la creazione delle arcane pozioni, a malapena riuscivo a trattenere la bile, di cui già percepivo il sapore in bocca. Amaro. Acido. Un Acceso diverbio e l’allontanarsi dell’Istruttrice portò Me e Mantide a confrontarci, uno scontro fra due Titane, uno scontro fra un Astuto Corvo ed una Sensuale Medusa. La nausea stava per vincermi, ed il mio volto sempre più pallido fece nascere dei dubbi nella mente della Futura Precettrice, essendo a sua volta madre ed avendone provato direttamente quegli sgraditi effetti. Infine salimmo spalla a spalla su per le gradinate, apparentemente ero ancora in dubbio, ma di fatto il ritardo del mio corso mensile non lasciava, già da allora, trasparire alcun dubbio. ]]



.}}. IL CIGNO . .{{.

}{.| ● Capitolo I ~ Berkana: La Nascita |.}{



§*§ Berkana è stata associata a lungo con la betulla. Questo albero non ha frutti anche se i suoi rami toccano il cielo. Non portare frutti e arrivare a toccare gli Dei sono elementi significativi, perché è così che viene rappresentata la gestazione di un processo creativo e la sua associazione con il Divino. Berkana in una lettura indica la creazione di energia in forme nuove. Berkana ha in se la promessa di "quello che nascerà". Questo potrebbe essere letterale come la nascita di un bambino o la nascita di un'idea creativa. Sta avvenendo una crescita e spesso è il momento di nuovi inizi. §*§


Parla Aingeal: { Ho vinto l’oscurità… Non so dire esattamente quando sia successo, ma lentamente mi sono formata; lì dove non c’era nulla, ho cominciato ad esistere. E’ stato quello l’ inizio della mia vita. Tutto mi pareva così reale, eppure alla mia nascita, già molti dei miei pensieri o delle percezioni le avevo perdute e solo un vago ricordo di sensazioni è quello che mi è rimasto.
Ho condiviso la mia prima esistenza con mia sorella, laddove ancora i sensi erano troppo deboli, eravamo già legate; è su di lei che ho posato per la prima volta i miei occhi offuscati. Ci siamo guardate per tutto il tempo, forse in parte ci siamo studiate, abbiamo imparato ad essere una cosa sola, ci siamo volute bene subito. A volte ci sorridevamo anche o ci prendevamo per mano. Non mi sono sentita mai sola, anche se effettivamente la voce della mamma ci ha accompagnate per questo nostro primo periodo.
Mia mamma, Alexandra, mi chiamava Aine, ma credo che il mio nome completo sia Aingeal… la sentivo che lo diceva a qualcuno spiegandone il suo significato, luminosità… luce. Io sono la luce della mia mamma? Questo si che ha riempito il mio cuoricino di gioia.
La sentivo spesso, si accarezzava il grembo, era come se percepissi il suo tocco sul mio viso. Era affettuoso, gentile…ma a volte diventava distante, fredda, severa… non credo che ce l’avesse con me o con mia sorella, ma erano proprio in quei momenti che cercavo la manina di Nygreilde, questo credo sia il suo nome, per infonderle sicurezza, perché non avvertisse il senso di abbandono…ero io lì con lei.
Ci sono stati giorni che non ci coccolava molto, ma so che lei ci ha sempre amate e che ci ha fortemente volute; ma erano proprio in quei momenti che desideravo prenderla per mano, mi è sempre sembrato che fosse la più debole delle due, la più sensibile… volevo rassicurarla, farle sentire che qualsiasi cosa avremmo trovato, una volta nate, lei avrebbe avuto me.
E poi una notte è successo qualcosa, il liquido in cui eravamo immerse, quel dolce tepore che ci avvolgeva non c’era più, ho sentito la mamma gridare, mentre cercava di spingermi via; mi sentivo ancora troppo legata a quella sensazione piacevole di calore... quando il vento gelido mi ha investita, mani estranee mi hanno con forza presa e tirata fuori dalla mia piccola alcova...mi sono ritrovata a testa in giù e lì, non so se sia stato istinto, ma ho avuto l’impulso di aprire la bocca e inspirare. }{ Mamma!!! Mi brucia... mi brucia la gola... mi brucia il petto!!! .}{ il mio primo vagito di protesta! }



}{.| ● Capitolo II ~ Raitho: l’inizio del viaggio |.}{



§*§ Il significato tradizionale di Raido o Raitho è la cavalcata, il viaggio. Cavalcare significa la creazione o la direzione di movimenti, come prendere un nuovo incarico o dirigere una situazione. Il viaggio è inteso sia in senso letterale che metaforico. Idee inerenti a raitho sono la libertà, la sicurezza e l'abilità di distinguere tra il giusto e ciò che è sbagliato e agire con coraggio. Prendere le redini della propria vita controllando le forze interne ed esterne è il segno di cavalcare piuttosto che essere cavalcati. §*§


Parla Aingeal: { Il mio nome è Aingeal ''Aine'', Eilinoir, Branwen, Tinuviel Wright, ed era il 13 di Fearn quando sono venuta al mondo e la mia nascita, così come quella della mia gemella, ha avuto da subito un che di particolare. Avevo una strana sfumatura di blu tra i miei capelli e batuffoli di piume candide sulle schiena, simili a piccole ali di cigno, mentre la profezia sembrava sigillare così la mia venuta al mondo: “…il fuoco di Beltane che illumina una mucca magra e una ciotola di latte versato...un'ape vola su un campo senza fiori nè miele...” e poi ancora “…la prima bimba allora apparirà normale, i capelli color miele e chiarissimi e la schiena liscia senz'ali, la seconda avrà la pelle rosea, capelli scuri come more e nessun codino, due bimbe normali, in un tempo ormai prossimo...” Effettivamente questa condizione non è durata molto, ma tanto per abituarmi a quel prolungamento delle mie braccine che si spiegavano per tentare di spiccare il volo. Nygreilde invece mi incantava con la movenza sinuosa di quella coda tigrata. Per me quella era la normalità e, sono sincera, a distanza di tempo ora, ripensare al momento in cui le ali sono sparite, lasciando cadere solamente una piuma candida sul pavimento, mi mette un po’ di malinconia.
A differenza di Nygre, sono sempre stata più vivace, un vero terremoto alla torre. I miei sogni mi portavano a rimanere spesso affacciata alla finestra della stanza immaginandomi di possedere ancora le ali per scappare da lì. Ma io ero gli occhi della mia sorellina, ero la sua cantastorie, troppo delicata per poter resistere alla luce diurna, troppo fragile per seguirmi nelle mie avventure. Ma, anche grazie a qualche immagine ritrovate su dei libri, di cavalieri in sella ai loro draghi, non ci mettevo molto ad inventare storie che avessero loro per protagonisti, o anche io stessa con l’arco in pugno, in sella ad un valoroso destriero alato, librandomi nel cielo insieme a quelle creature fantastiche.
Probabilmente molto più simile alla mathair, riflessiva e pacata, io non devo essere stata invece la figlia modello che l’arcimaga avrebbe voluto. Troppo incline a seguire le mie fantasie e le mie rocambolesche “trovate” per assomigliare a loro; il che mi ha fatto sempre sentire inadeguata ai loro occhi, un uccellino in gabbia a differenza di Nygre, che invece si crogiolava nelle sue ombre, mentre io avevo bisogno di luce.
Il tempo per chi è nato sull’isola, sembra scorrere diversamente, forse per l’influenza della Dea e così per i molti abitanti, quello che era un tempo normale di poche lune, per me ha rappresentato una crescita di molti anni, come se il mio corpo andasse ad una diversa velocità rispetto agli altri; e la mia irruenza, la mia voglia di muovermi non ha facilitato di certo la mia coordinazione, divenendo la bambina più maldestra di tutta la terraferma.
La mathair mi ha spesso portata fuori cercando di placare il mio carattere indomito, dandomi lezioni di equitazione, per calmare un pochino quella voglia di libertà. Almeno in quello credo di aver strappato un sorriso all’arcimaga… o forse più che sorriso, un segno di approvazione.
Ma alla fine nemmeno quello mi bastò più. Una sera stavo origliando, per puro caso, la conversazione tra la mia mamma e un uomo dagli occhi profondi. Parlavano di pozioni, non so, non ho capito molto di quella conversazione, ma alla fine, lei con il suo sguardo, che basterebbe a inchiodarmi al muro, mi ha ordinato di palesarmi davanti a loro. Mortificata mi sono avvicinata, la sentivo parlare di me a quell’uomo che mi ha presentato come Ombra. E’ successo tutto così in fretta, lui mi ha rivolto delle domande e io ho risposto secondo quello che dettava il mio cuore. Quando finalmente le mie orecchie e il mio cuore hanno compreso, mi sono ritrovata ad accettare una singola richiesta. La mathair aveva offerto al ranger di far pagare le pozioni con delle lezioni di tiro con l’arco. Un sogno che finalmente si stava realizzando, uscire da quella gabbia dorata, nel quale la mamma mi aveva rinchiusa!
Con Ombra c’è stata subito una certa affinità tanto che gli ho chiesto di farmi da padre, visto che il mio non l’ho mai conosciuto; i suoi occhi buoni mi avevano catturata, mi sono sentita per la prima volta accettata per quella che ero. Mi ha ribattezzata “piccolo fiore” e, una paio di notti più tardi, mi ha portata con sé alla foresta di luce.



}{.| ● Capitolo III ~ Dagaz: Il nuovo cammino |.}{



§*§ Il significato tradizionale di Dagaz è "giorno", é di solito associata con l'alba di un nuovo giorno, quando l'oscurità si trasforma in luce. Indica la fine di un ciclo e l'inizio di uno nuovo e questo cambiamento sarà esplosivo. Aspettatevi una trasformazione eccezionale quando ricevete Dagaz. Può avvenire sotto forma di un cambiamento radicale di comportamento o circostanze in una situazione che si ribalta completamente. Che sia interna o esterna la trasformazione sarà radicale e vi costringerà a una nuova vita e un nuovo modo di vederla. Una completa fiducia è essenziale, e può venirvi chiesto di gettarvi in un abisso bendati e disarmati. §*§

Parla Aingeal: { Ho passato due lune con il maestro delle Ombre e mentre il mio corpo continuava a crescere a ritmi frenetici, lui mi dava le mie prime lezioni di tiro con l’arco, nonché a muovermi nel sottobosco, cercando di destare su di me meno attenzione possibile. Non era facile cercare quella coordinazione che il mio corpo non possedeva dato il repentino cambiamento che lo stesso subiva costantemente.
Ma la mia vita stava nuovamente per giungere ad una svolta. Mentre ero ospite alla locanda nella cittadina di Avalon, merito di una delle mie tante inverosimili cadute, ho fatto la conoscenza di un uomo dalle lunghe vesti rosse, il quale si presentò come Azhael, Kuhan Drak’Ana, dell’ordine dei cavaliere dei draghi.
Da quella sera il mio sentiero sembra aver preso una direzione ben precisa.
Probabilmente la salita sarà lunga e faticosa, ma non ho paura, perché Azhael ha promesso di aiutarmi, lui sarà il mio maestro e poi… il fiore che sboccia nelle avversità è il più raro e il più bello di tutti. }

Il mio nome è Aingeal Eilinoir Branwen Tinuviel e sono il Cigno dei Wright




Ogni volta che dico qualcosa di cui mi pento urlo “Non voglio perderti!” Ma in qualche modo so che non mi lascerai mai!

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